Non del quaderno a righe dimenticato, né dei soldi della fatina, ma di quanto li abbiamo ascoltati. Nella società iper performante Pediatra Carla ci guida a vivere in modo più sereno la crescita dei figli
C’è timore, insicurezza, sui social e nella vita reale un turbinio di dubbi e perplessità invade i genitori. Perché quando nasce un figlio tutto cambia e sconvolge, non solo perché quel piccolo essere che ci troviamo tra le braccia non sappiamo bene come trattarlo, maneggiarlo, ma anche perché in una società che promuove competitività e performance è facile sentirsi inadeguati, vulnerabili e soli davanti alla necessità di fare la cosa giusta per i nostri figli. E se finalmente facessimo pace con l’imperfezione, il non farcela a tutti i costi, a essere ognuno genitore come può e come riesce?
Di fronte alle tante richieste di aiuto di madri e padri che frequentano il suo ambulatorio, la pediatra Carla Tomasini, nota sui social come @pediatracarla, ha capito che non sono solo i figli ad avere bisogno di cure, ma anche i genitori. Perché diventare madri e padri ci ci mette a nudo. Ogni giorno, con ogni gesto, piantiamo un seme i cui frutti cresceranno per una vita intera. Ecco perché nel suo ultimo libro, Genitori strada facendo (Vallardi) la pediatra fa un lavoro eccezionale per smontare le paure, ci invita a sbagliare e ad ascoltare il nostro istinto. Forte della sua straordinaria esperienza con genitori di ogni tipo, ci guida in un percorso verso una genitorialità serena e consapevole, a tutte le età. Il segreto è essere se stessi, non farci influenzare da una società a tratti nevrotica che alimenta l’ansia da prestazione, e accettare che i nostri figli siano diversi dal nostro ideale immaginario, e per questo unici. L’abbiamo incontrata.
Perché un libro sulla genitoralità?
Perché i genitori sono il mio lavoro, parlo e mi confronto con loro ogni giorno e conosco genitori di ogni tipologia si possa immaginare. So che ciascuno di loro vorrebbe una risposta alle grandi domande dell’esistenza quando arriva una nuova vita tra le loro braccia, ma non potendo offrire le risposte, posso almeno sostenerli nel trovarle. Ognuno ha le sue e io spesso sono lì per accompagnarli in un pezzo di vita che percorreremo insieme.
Ha unito la professione di pediatra a quella di divulgatrice scientifica attraverso i social. Com’è nata questa idea?
È nata nel periodo in cui sono diventata mamma per la prima volta, circa 10 anni fa, e contemporaneamente ho avuto una grave malattia a cui è seguito il mio divorzio. Sola in casa con un neonato da allattare, senza una rete sociale, ho trovato spesso sfogo e compagnia attraverso i social in quei gruppi di genitori oggi tanto demonizzati e che invece per me sono stati a volte la rete che mi è mancata. Per ringraziare chi mi dava aiuto e mi teneva compagnia ho cominciato a dare risposte alle loro domande sulla pediatria, la puericultura e la nutrizione. Ho messo a disposizione ciò che avevo e pian piano questo si è spostato su altre dimensioni e altri social fino a diventare vera e propria divulgazione. In quel periodo lontano io sono stata aiutata dai social e ho capito la loro grande potenzialità, dico sempre che ho un debito con l’universo e che lo sto saldando.
Che cosa accade quando nasce un figlio?
Una rivoluzione che non ti aspetti, anche quando hai letto tutti i libri di pediatria. Cambiano il corpo, il cuore e la mente. C’è un sussulto così potente che bisogna rimettersi in sesto e riallinearli. Un figlio ti cambia per sempre, senza ritorno, nel bene e nel male. Dici addio alla te stessa/o libero e spensierato e dai il benvenuto non solo a un bambino, ma anche a un te stesso nuovo che non ti saresti mai aspettato.
Quali le grandi preoccupazioni più diffuse tra mamme e papà?
Oltre a quelle per la salute che di volta in volta di presentano con le varie patologie infantili e si superano non appena cessa la febbre o il mal d’orecchi, oggi i genitori hanno paura soprattutto di fallire, di non essere abbastanza, di prendere le decisioni sbagliate e di rendere infelici i propri figli.
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Quali sono le domande e le problematiche che si trova ad affrontare più spesso sui social
La tematica della nutrizione è sempre molto amata perché c’è tanta confusione sul tema e molti guru che si improvvisano nutrizionisti senza avere nemmeno un titolo sanitario. Questo porta i genitori a un’epidemia di informazioni (spesso fuorvianti) che creano inutili ansie. Allo stesso modo succede con i guru del sonno infantile che promettono di far dormire il bambino con metodi più o meno già noti a chi è del mestiere, vendendoli come speciali e unici. I social sono un po’ come la realtà: ci sono belle persone e brutti ceffi da cui guardarsi le spalle. Nel mio piccolo cerco di mettere in guardia i genitori da chi fa una sana informazione e chi si spaccia per divulgatore, ma è solo un influencer con il camice.
Spiega che “quella di non essere un bravo genitore” è un’ansia molto diffusa. Come mai non ci sentiamo all’altezza?
Perché facciamo solo un figlio, massimo due. Perché li facciamo sempre più tardi. Perché non abbiamo più nonni con cui condividerli. Perché siamo famiglie sempre più piccole e siamo persone sempre più individualiste. La mancanza del confronto con gli altri e della condivisione dell’educazione dei figli con altre figure (parenti, amici, vicini) porta a focalizzarci eccessivamente sulla genitorialità come prestazione invece che come modo di essere. Inevitabilmente ci facciamo più domande e cerchiamo le risposte con i mezzi odierni che però ci danno informazioni polarizzanti: chi afferma una verità e chi l’esatto contrario.
Come rimediare alla troppa (nostra) ansia?
Io consiglio sempre di informarsi e leggere di tutto, ma poi di scremare e ragionare con la propria testa perché ogni genitore conosce suo figlio e la propria situazione famigliare e capisce qual è il percorso più adeguato.
Che cosa possiamo fare in una società che spinge sempre di più alla competizione e alla performance?
Fare un bel respiro e dire a noi stessi che non possiamo arrivare dappertutto, che lasceremo sempre qualcosa di incompiuto, che ci dimenticheremo qualche volta di comprare il quaderno a righe che aveva chiesto la maestra o di mettere i soldini della fatina dei dentini al posto giusto perché eravamo troppo assonnati. I nostri figli non si ricorderanno di queste quisquiglie un giorno, ma di quanto li abbiamo amati, li abbiamo coccolati e ascoltati, di quanto abbiamo saputo essere un esempio per loro, un faro che porta luce a chi sta intorno a noi. Ci ammireranno se siamo stati onesti con gli altri, con noi stessi e con loro. È tutto qui. Il resto è performance.
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Racconta di che cosa provano i padri che tornano al lavoro dopo la nascita di un figlio: perché è importante che le madri lo comprendano e che la società dia loro più tempo per stare con il neonato?
I padri sono i grandi dimenticati quando si parla di genitorialità. Ci si rivolge sempre alle madri. Da un lato è vero che esiste ancora qualche uomo maschilista che non fa il proprio dovere né di compagno né di genitore, ma per lo più e una questione culturale: oggi i padri vorrebbero fare la loro parte e reclamano il loro diritto e dovere di coprire un ruolo che vale quanto quello della madre. Estromessi fin da subito dalla relazione per il repentino ritorno al lavoro, non riescono a entrare così intimamente in contatto con il neonato e faticano a comprenderne i bisogni quanto ci riesce la madre che passa le 24 ore con il bimbo. Non sono meno capaci, sono solo meno presenti per cause di forza maggiore. Se lo stato offrisse la possibilità ai padri di restare a casa con permessi idonei potrebbero entrare in gioco nella relazione, potrebbero fare la propria parte alleggerendo la loro compagna di un sovraccarico di lavoro ed emozioni e potrebbero anche comprendersi meglio a vicenda all’interno della coppia. Quante incomprensioni ci risparmieremmo. Da un cambio culturale di questo tipo abbiamo solo da guadagnarci.
Ci sono coach di ogni tipo, sui social e sul web: come vede queste figure, un reale e utile supporto o un ostacolo alla libertà di essere genitore come si vuole (errori inclusi)?
Io sono onestamente spaventata dalla estrema facilità con cui oggi dei “non addetti ai lavori” vogliono insegnare ai genitori come fare i genitori. Persone che scrivono manuali di pediatria senza essere pediatri, dietisti che parlano di psicologia. C’è un abusivismo professionale senza precedenti e senza regole che mette realmente paura. Il professionista serio si riconosce soprattutto dal grado di aderenza alle proprie competenze, dal curriculum ovviamente e da una buona dose di umiltà perché nel mondo medico spesso chi ne sa di più non è necessariamente più famoso, lo dico pur avendo un seguito notevole nel mondo dei social. Ricordo che di ottimi pediatri ce ne sono tanti, io spero di esserlo e ho anche dei follower, ma non fanno curriculum nel mondo scientifico.
L’errore che compiamo più spesso con i figli?
Credere di poter garantire la loro felicità. In realtà non sappiamo come andrà la vita, possiamo solo prepararli alle sue tante sfide. Sarebbe meglio insegnargli a essere resilienti, a superare le difficoltà nonostante non tutto è rosa e fiori. Forse questo insegnamento è migliore che offrirgli tutto su un piatto d’argento.
Consigli per vivere al meglio il “diventare” madri e padri?
Quando arriva un figlio arriva anche un’ondata di amore senza precedenti. Se ci lasciamo guidare da quello non sbagliamo di molto, al massimo possiamo correggere il tiro, ma se l’obiettivo è chiaro, se il bambino è la priorità e compiamo il suo bene e non le nostre aspettative, allora non sbagliamo.
Uno dei temi che assillano le mamme che devono rientrare al lavoro è: nido o baby sitter? Lei che cosa consiglia?
Questa è una di quelle domande a cui un guru risponderebbe volentieri con una verità assoluta. In realtà con i miei pazienti ci sediamo a ragionare tutti i possibili elementi: quale nido, cosa offre, che babysitter e che caratteristiche ha, com’è il bambino, il suo stato di salute, lo stato di salute dei conviventi, che lavoro e che orari fanno i genitori. Che bello se esistesse un’unica risposta per tutti! Sarebbe molto più facile il mio lavoro. E invece il bello è proprio cercare di volta in volta le soluzioni alle difficoltà quotidiane delle famiglie.
Parla anche dei genitori non biologici: quali le loro maggiori preoccupazioni o difficoltà?
Se diventare genitori implica già tanti dubbi, immaginate quando si aggiunge una sfida in più. I genitori adottivi temono sempre che ci sia qualcosa di sconosciuto che non possono capire nel loro bimbo: per esempio la predisposizione a una patologia, ma non solo. Anche alcuni dati caratteriali a volte vengono imputati al fatto che la genetica non è loro e temono di non capire fino in fondo il bambino. Se poi l’adozione è avvenuta con un bimbo già grande c’è anche tutta una parte della storia di cui non sono stati partecipi e temono di essersi persi passaggi importanti. In fondo a tutte queste paure alla fine ci si ritrova.
Le agende dei bambini già a partire dalla materna e poi alle elementari sono scandite e ricche di impegni: come vede questa tendenza? Uno stress per i bambini o un aspetto positivo?
Oggi siamo tutti genitori stressati, possono non esserlo i nostri figli? Come ci sentiamo noi quando possiamo cancellare un impegno in agenda e scoprire di avere un pomeriggio libero? Per lo più sollevati. Ecco, lo stesso succede a molti bambini. Non a tutti, sia chiaro. Non esistono regole assolute, molti ragazzi coltivano passioni come lo sport o la musica a cui non rinuncerebbero per niente al mondo, ma quando sono così piccoli… quant’è bello un pomeriggio all’aria aperta?
Racconta della sua esperienza di genitore single, con il primo figlio: che cosa vuol dire e che consigli si sente di dare a chi cresce un figlio da solo?
Dico che si può fare. Se succede ci si cresce insieme, si diventa più forti in due. Si è comunque una famiglia. Devo anche ammettere che è dura e che se è una scelta, come quella legittima di diventare genitori nonostante non si abbia un compagno, costruire una rete di sostegno valida fatta di persone con cui poter gestire il bimbo insieme, non tanto per la stanchezza, ma perché fa bene al bimbo sentire che c’è una rete di sostegno.
Accettare errori, imperfezioni, scegliere come crescere i figli senza sentirsi schiacciati da una società che chiede di essere perfetti, è davvero la ricetta per essere un buon genitore?
Possiamo solo fare il meglio di ciò che siamo, non essere diversi da ciò che siamo. I nostri figli comprendono la nostra natura e la accettano più di quanto siamo disposti a farlo noi stessi. Ogni tanto fa bene anche sapersi perdonare.
Lei che madre si sente?
Una madre diversa dalla mia. Sono il risultato di quello che ho avuto, ma anche di quello che non ho avuto e ho scelto comunque di dare. Sono una madre che arriva spesso in ritardo agli impegni e che non riesce a stare dietro alla chat della classe e ai lavoretti della scuola, ma quando ho il sentore che i miei figli mi devono comunicare qualcosa mi metto subito in ascolto e loro sanno che ci sono sempre quando hanno bisogno di me. Do più importanza alla sostanza che all’apparenza e credo che un giorno saranno i miei figli a dirmi che madre sono stata.
Articolo di Benedetta Sangirardi