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Health

Vespe, calabroni, meduse: ecco cosa fare se i nostri bambini vengono punti

08/07/2022

In estate, è vero, si passa molto più tempo all’aria aperta. Finalmente. Ma c’è anche il rovescio della medaglia, gli insetti fastidiosi che potrebbero pungerci, come le zanzare o le api: abbiamo chiesto alla nostra farmacista come è meglio agire in caso di puntura!

Se pensiamo all’estate e alle punture d’insetto pensiamo subito alle zanzare. Le loro punture sono sicuramente fastidiosissime ma non sono le uniche  nemiche delle attività all’aperto dei nostri bambini.

Al parco, nei prati, nei boschi, in montagna o al mare essi possono essere punti o morsi anche da altri insetti o animali più o meno pericolosi. E’ quindi importante saper riconoscere il segno che lasciano sulla pelle e come fare per prevenire e trattare eventuali spiacevoli “incontri”.

 

Zanzare e tafani

Sono insetti molto comuni nelle nostre zone, le loro punture di solito si localizzano nelle parti scoperte dai vestiti e provocano un pomfo rosso pruriginoso, più o meno grande a seconda della reattività del bambino, con un punto sporgente al centro. Se la puntura è vicino all’occhio la palpebra può gonfiarsi e il gonfiore durare anche 2 giorni.

La puntura di tafano è molto dolorosa (anche più di quella di un’ape) e provoca un pomfo più esteso che si può facilmente infettare. Non sono insetti pericolosi, anche se in alcuni bambini più sensibili possono provocare lesioni più estese e durature.

Di fronte a queste punture non dobbiamo fare molto, solo evitare il più possibile che il bambino si gratti applicando lozioni o roll lenitivi a base di estratti vegetali ad azione antipruriginosa come la calendula, il cardiospermum, la camomilla. Se il prurito è molto intenso e il pomfo esteso si può applicare una crema al cortisone.

 

Gli antistaminici in crema sono controindicati poiché sono fotosensibilizzanti, cioè rendono la pelle più sensibile ai raggi solari, mentre l’antistaminico per bocca deve essere prescritto dal pediatra solo se lo ritiene necessario.

Per tenere lontano zanzare e tafani si usano lozioni o spray repellenti, utili soprattutto all’aperto. Ne esistono diversi tipi, quelli adatti ai bambini sono a base di Icaridina (dai 2 anni in su) che a seconda della concentrazione protegge per 4-8 ore o il Citrodiol, prodotto di origine vegetale che in concentrazione del 6% si può usare già dai 3 mesi con una durata di protezione di 1-2 ore.

Al di sotto dei 3 mesi di vita è preferibile non usarli ma far ricorso a soluzioni più innocue come zanzariere o cerottini diffusori da applicare sui vestiti o sulla carrozzina. I prodotti a base di essenze vegetali come citronella, eucalipto, olio di neem hanno un’efficacia molto minore (circa 30 minuti) a meno di non usare forti concentrazioni con il rischio però di irritare la pelle.

Leggete quindi sempre l’etichetta quando acquistate un repellente e applicatelo solo sulla pelle esposta o sui vestiti e mai su tagli, ferite o abrasioni. Nei bambini che sviluppano reazioni importanti alle punture di zanzara si può ricorrere ai rimedi omeopatici a base di ledum palustre. Sono dei granuli da assumere tutti i giorni in prevenzione che hanno lo scopo di rendere l’odore della pelle sgradito alle zanzare e agli altri insetti (ma non alle altre persone).

 

Imenotteri: api, vespe, calabroni

Le più frequenti sono le punture di vespe in quanto più aggressive rispetto alle api che una volta che hanno punto perdono il pungiglione e muoiono. La puntura di calabrone è più rara ma potenzialmente più pericolosa.

Quando pungono, gli imenotteri iniettano un veleno che solitamente provoca solo una reazione cutanea locale del diametro tra i 2 e i 4 cm caratterizzata da gonfiore importante, dolore e rossore. Il dolore in genere scompare entro 2 ore mentre il gonfiore può aumentare ancora per 24 ore. Al centro può essere visibile un punto nero, segno che nella pelle è rimasto il pungiglione e che si trattava di un’ape.

Il pungiglione deve essere prontamente rimosso grattando con un coltellino o una carta di credito, successivamente si applica del ghiaccio per ridurre la reazione ed eventualmente una pomata cortisonica ed antibiotica poiché il bambino, grattandosi, può causare infezione.

Vi sono bambini che però possono presentare una reazione allergica al veleno che può essere localizzata o nei casi più gravi generalizzata. Nel primo caso l’arrossamento e il dolore sono estesi oltre i 10 cm di diametro e durano più di 24-48 ore se non giorni.

Se invece la reazione allergica è generalizzata si ha coinvolgimento di organi anche lontani da dove è avvenuta la puntura. Si può avere orticaria generalizzata con gonfiore e arrossamento diffuso della pelle del viso (angioedema), gonfiore della lingua, prurito alla bocca, al palato o alla gola, fino ad arrivare a sintomi peggiori come tosse e difficoltà respiratoria, crampi, diarrea, vomito ed abbassamento della pressione, collasso e perdita di coscienza (shock anafilattico).

Queste reazioni sono rare nei bambini ma se si verifica no è bene effettuare dei test allergici in modo da prevenirle in futuro. Se il bambino è stato punto in bocca, non si riesce a togliere il pungiglione, il gonfiore aumenta dopo 24 ore ed ha un’estensione superiore ai 10 cm è bene consultare il medico che valuterà una terapia farmacologica a base di antistaminici e cortisone per via orale.

In caso di punture multiple (più di 8 o 10), in particolare di calabrone, è opportuno contattare il 118 poiché possono provocare effetti tossici al veleno (non di natura allergica) che si presentano con nausea, vomito, vertigini, febbre e convulsioni.

Se il bambino ha avuto in passato reazioni allergiche gravi o comunque generali con sintomi non solo cutanei dovrà portare con sé un’autoiniettore di adrenalina, facilmente somministrabile. Può essere anche utile intraprendere una terapia desensibilizzante con iniezioni sottocutanee di vaccino specifico, somministrate in adeguati centri ospedalieri.

 

Morso di vipera e morso di zecca

Sono i due morsi più temuti quando si fanno passeggiate tra i boschi o escursioni in montagna. La vipera è l’unico serpente velenoso presente in Italia e nei bambini di età inferiore ai 6 anni il suo morso può avere conseguenze gravi se la quantità di veleno iniettata è notevole.

E’ facilmente riconoscibile perché lascia due forellini distanziati di circa 6-7 cm, segno dei due denti anteriori, da cui fuoriesce sangue misto a siero, circondati da un alone rosso. La zona colpita diviene subito bluastra, molto gonfia e dolente. Se la quantità di veleno iniettata col morso è importante la situazione può diventare via via più grave: il bambino diventa pallido, sudato, ha i brividi, fatica a respirare e infine dopo una fase di agitazione diventa sonnolento ed entra in coma.

Se il bambino dovesse essere morso da una vipera non bisogna farsi prendere dal panico rischiando di farlo agitare; va subito portato al Pronto Soccorso più vicino dove verrà attentamente monitorato e, se necessario, gli verrà somministrato il siero antivipera. Cercate di muoverlo il meno possibile, non fatelo camminare e mantenetelo in posizione supina coprendolo se ha freddo. Non incidete la ferita né tantomeno succhiate o aspirate il sangue. Il veleno, infatti, entra in circolo per via linfatica e solo in piccolissima parte con il sangue.

Quello che si può fare, se possibile, è lavare abbondantemente la ferita con acqua (e sapone se c’è) o pulirla con un fazzoletto (senza strofinare troppo!). Successivamente la si copre con un indumento pulito o una garza sterile e si applica il ghiaccio. La cosa importante è ritardare il più possibile l’entrata in circolo del veleno in attesa dei soccorsi: se il morso è avvenuto su un arto applicate una benda elastica alta almeno 7-10 cm, dal morso alla radice dell’arto, stringendola a sufficienza per bloccare la circolazione linfatica e verificando che si riesca a sentire il battito cardiaco a valle della fascia. Successivamente immobilizzate l’arto.

Se invece il morso è avvenuto sul collo, la testa o il tronco, applicate un cerotto adesivo ed elastico che comprima il più possibile la parte intorno al morso.

Per quanto riguarda invece la zecca, il suo morso di per sé non è pericoloso per l’uomo, tuttavia può veicolare alcune malattie di una certa gravità. Le più frequenti in Italia sono la Borreliosi di Lyme e la Tick Bone Encephalitis (TBE). Fortunatamente, solo una percentuale di zecche è portatrice d’infezione e solo raramente nei bambini queste infezioni possono essere pericolose per la vita.

Per prevenire un morso di zecca si possono usare repellenti a base di DEET e Icaridina (quelli usati anche per le zanzare ma che riportano in etichetta anche la specificità per le zecche).

La puntura è generalmente indolore perché questi “simpatici” animaletti inoculano nell’ospite una certa quantità di saliva che contiene principi anestetici. Generalmente rimangono attaccate per un periodo che varia tra i 2 e i 7 giorni e poi si lasciano cadere spontaneamente. Se individuate sulla pelle, vanno prontamente rimosse perché solo dopo un certo periodo (alcune ore) in cui è saldamente ancorata per alimentarsi, la zecca rigurgita parte del pasto e potrebbe inoculare nel sangue dell’ospite eventuali patogeni.

Il modo corretto di rimuovere la zecca è afferrarla con una pinzetta a punte sottili e tirare dolcemente cercando di imprimere un leggero movimento di rotazione. Successivamente la zona va disinfettata ed è consigliabile effettuare la profilassi antitetanica. Nel caso si noti il caratteristico eritema migrante, un alone rossastro che tende ad allargarsi, oppure il bambino manifesta febbre, mal di testa, debolezza, dolori alle articolazioni, ingrossamento dei linfonodi è opportuno rivolgersi al medico il quale deciderò l’antibiotico opportuno da somministrare.

 

Meduse e tracine

Può capitare che durante un bagno in mare il nostro bambino entri in contatto con un tentacolo urticante di medusa. In questo caso facciamolo uscire dall’acqua e rimuoviamo eventuali residui di tentacoli o parti di medusa molto delicatamente e senza strofinare. In seguito laviamo abbondantemente con acqua di mare.

ll bambino avvertirà subito bruciore, poi rossore e gonfiore e man mano che passerà il bruciore comparirà il prurito. La soluzione migliore per trattare questi sintomi è quella di applicare un gel astringente a base di cloruro di alluminio o, anche se meno efficace, una crema al cortisone.

Un altro incontro poco simpatico che può avvenire in mare è quello con le tracine o pesci ragno che mimetizzandosi nei fondali sabbiosi sono difficilmente visibili dalla superficie. Se però si sente disturbata o sta cacciando la tracina può tirar fuori le sue spine dorsali inoculando un veleno, fortunatamente non pericoloso.

Nel punto di inoculazione del veleno (di solito mani o piedi) si ha arrossamento e dolore intenso ma possono comparire anche sintomi più generali come nausea, vomito e febbre. Il rimedio principale è quello di mettere l’arto nella sabbia calda o in acqua molto calda perché le tossine sono sensibili al calore quindi vengono inattivate.

Se i disturbi peggiorano è opportuno rivolgersi al medico per valutare l’impego di pomate cortisoniche, antibiotiche e un’eventuale profilassi antitetanica.

 

 

 

 

Pinuccia Viganò

Farmacista collaboratrice per una farmacia privata della Brianza con la passione per la scrittura e libri. Mamma di Tommaso.

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