I maschi iniziano a toccarsi, le femmine si nascondono e vergognano. La pubertà poi è una bomba atomica. Come gestire l’argomento sesso? Scrivete sul frigorifero: parlarne, parlarne, parlarne, come di qualsiasi altro argomento. Tutti i consigli (preziosissimi) della sessuologa Valeria Randone
Mani nei pantaloni, a sfruculiare sul divano mentre guarda la tv. Il bidet ha una durata di 20 minuti circa (i bambini non badano ai rincari), la doccia non ne parliamo, passa da incubo a passione nel giro di un attimo, mentre tu pensi ancora a quando gli facevi il bagnetto nella vaschetta. Le ragazzine si nascondono e guai a chi le guarda, i peli sotto le ascelle e qui c’è un seno che cresce, dunque mamma serve subito il reggiseno e papà non penserai mica di entrare in camera mentre mi sto vestendo!
Benvenuti nel mondo dei bambini che non sono più bambini e che scoprono la sessualità, la pubertà è una bomba atomica che sconquassa loro e noi, ma non sappiamo che in realtà quella sfera sessuale l’hanno scoperta molto prima, già a 4-5 anni, in altro modo. Genitori, che si fa? Siccome incredibilmente nella scuola italiana l’educazione sessuale è un miraggio (è obbligatoria in tutti i paesi dell’Unione – si legge in un report pubblicato dalla Direzione generale per le politiche interne del Parlamento Ue – tranne che, mistero, in Italia, Bulgaria, Cipro, Lituania, Polonia, Romania e Regno Unito), e siccome da qualche parte ne dobbiamo parlare, perché è utile, indispensabile, primario, allora lo facciamo qui.
Con un obiettivo che dovete mettere su un post it sul frigorifero insieme alle calamite. Di sessualità si deve parlare in famiglia, in qualsiasi momento della giornata, come se steste parlando dei compiti, attività sportive, emozioni, litigio con l’amichetta, quella felpa che “toglitela perché non ti va più”, serie tv, videogiochi fighissimi appena usciti. Non normalizzare il dialogo sulla sfera intima, vuol dire affidare la ricerca dei nostri figli a dottor Google, con un bel po’ di rischi.
Ci aiuta in questo viaggio Valeria Randone, psicologa e sessuologa (bellissima la sua rubrica su La Stampa).
La sessualità nei bambini è una cosa del tutto normale e naturale, nasce e cresce con loro. Il bambino, sin da piccolo, inizia a giocherellare con i suoi genitali, si rasserena se è nervoso o stanco, esplora e si esplora, e scopre le sensazioni piacevoli che alcune parti del corpo gli regalano. Impara per prove ed errori. Intorno ai quattro anni appare la curiosità. I bambini focalizzano la loro attenzione sulle differenze tra maschio e femmina, su come nascono i bambini – la prima domanda che pongono e ci pongono è da dove escono quando nascono. In seguito si chiederanno da dove entrano per nascere. Verso i quattro-sei anni, ecco i giochi di ruolo: il dottore, marito e moglie, i fidanzati. Così, piano piano, arricchiscono la loro crescita di nuovi apprendimenti.
Sembra che le parole sessualità e bambini non possano stare nella stessa pagina. Purtroppo la coabitazione di queste due parole evoca, in prima istanza, qualcosa di scabroso. C’è un vizio di forma quando si parla di sessualità dei bambini: equipararla a quella degli adulti.
Mi spiego meglio. La sessualità infantile scandalizza – e come tutto quello che scandalizza viene negato – perché viene confusa con quella degli adulti, di cui non ha nulla in comune. Per molti anni la dimensione della sessualità infantile – tranne gli studi pionieristici di Freud, il padre della psicoanalisi – è stata negata e anche mistificata perché considerata fuorviante e destabilizzante, soprattutto per noi adulti. Quindi, l’errore di fondo sta proprio nel mischiare la sfera sessuale dei bambini e quella dei grandi, ma non si può guardarla allo stesso modo.
Non è mai troppo presto! Non bisogna pensare che per parlare di sessualità si debba trovare il momento giusto, l’età esatta, il linguaggio perfetto, altrimenti noi genitori veniamo colti da un’ansia da prestazione paralizzante. Soprattutto, non bisogna aspettare le domande dei figli, ma trattare l’argomento in maniera del tutto spontanea. Ecco perché sarebbe utile iniziare sin da subito, chiamare i genitali con i loro nomi, pian piano, quando il bambino mostra la sua curiosità e disponibilità all’ascolto spiegate a cosa servono, parlare poi di mestruazioni, di polluzioni, di masturbazione e del corpo che cambia, sino ad arrivare a parlare d’amore, di relazione, di contraccezione, di prevenzione e di promozione di benessere sessuale. Non si tratta di discorsi da fare mettendosi in cattedra, ma di un dialogo continuo, quotidiano, intriso di un linguaggio semplice, emotivo e soprattutto risolto (se un adulto sta male con se stesso e con la propria sessualità farà passare un messaggio confusivo e confondente, con note di sporco e di sbagliato).
Bisognerebbe iniziare dall’anatomia, proseguire con il funzionamento dei genitali: prima parlare di mestruazione e di riproduzione e quando sono un po’ più grandi di sessualità, di benessere, di scambio e di piacere. Ricordiamoci che dove non ci siamo noi con le nostre parole affettuose e equilibrate, poi c’è il porno e TikTok.
Mai. Preoccuparsi solo se lo fanno in pubblico, in maniera istrionica e provocatoria, o consolatoria – quindi i bisogni di cui occuparsi e a cui dare ascolto sono altri -, se lo fanno sempre e se lo fanno male!
Ebbene sì, c’è un modo giusto e uno sbagliato. Quello sbagliato è la masturbazione alternativa o prona ( per approfondire: https://www.valeriarandone.it/disfunzioni-sessuali-maschili/masturbazione-alternativa/). E se iniziano così lo faranno sempre così, con i guai che ne conseguono. Questa masturbazione dà vita a tre future problematiche: deficit erettivo, anorgasmia e infertilità. Purtroppo è una sindrome poco conosciuta ma molto frequente; nei miei studi vedo davvero tanti uomini che soffrono di questa problematica, che però in Italia nessuno conosce e tantomeno cura.
Sapendo intanto che c’è una grande differenza tra l’erezione spontanea e quella consapevole, che segue una stimolazione fisica e psichica. Non c’è motivo di intervenire, se tutto prosegue bene e non ci sono quote d’ansia o traumi pregressi, fermo restando che l’educazione affettiva e sessuale faccia sempre parte dei nostri discorsi con loro.
Siamo abituati a scandalizzarci e imbarazzarci dinnanzi alla masturbazione infantile, eppure è un comportamento che fa parte del naturale e sano sviluppo dei bambini. Si tratta di un’esplorazione fisiologica che consente di prendere confidenza con il loro corpo e di sperimentare le sensazioni positive che il corpo gli rimanda. Ovviamente non si tratta di una masturbazione finalizzata all’orgasmo, appaiono invece i protorgasmi (una sorta di prova generale del piacere). Durante il periodo della pubertà, a volte anche qualche anno prima, vi sono i primi segni di attrazione verso l’altro sesso. Le prime cotte, il batticuore, oggi ci sono anche i social che velocizzano la transizione dalla dimensione infantile a quella forzatamente quasi adulta. Ecco, in questo periodo compaiono i protorgasmi che poi si sviluppano in un investimento oggettuale vero e proprio che si concretizza durante l’adolescenza.
Dinanzi alla masturbazione di un figlio la prima cosa da non fare è rimproverarlo. Evitare che un velo di imbarazzo e omertà ammanti la comunicazione. Poi, in seguito, spiegargli che è normale e che esiste una netta demarcazione tra il pubblico e il privato, e l’autoerotismo appartiene alla sfera del privato. Bisognerebbe evitare di essere giudicanti e punitivi, avere un tono – anche silente – di disapprovazione o giudizio che in questa fase potrebbe avere il pericoloso effetto di instillare vergogna e sensi di colpa. È importante avere un atteggiamento accogliente e aiutare i bambini a capire che si tratta di un comportamento intimo che deve essere attuato esclusivamente in privato.
Se si tratta di un normale ritardo non c’è nulla da preoccuparsi, ogni bambino segue il suo orologio interno, se non lo fa proprio bisognerebbe investigare le cause: biologiche, psichiche e educative.
Serve intervenire. Si tratta di bambini ansiosi, stressati, agitati che utilizzano la masturbazione in modo sbagliato: come ansiolitico, ipno induttore, insomma, un calmante.
Parlare con loro, con grande naturalezza e spontaneità. Non si tratta di una malattia ma di una crescita normale e naturale. Ogni genitore dovrebbe trovare le parole per dirlo, e se non sa farlo chiede al pediatra o al sessuologo per farsi aiutare.
Si, certo. Consideri che il seme del vaginismo – disfunzione sessuale drammatica e sempre più frequente parte da qui, ma una madre spesso può non accorgersene (qui un approfondimento – https://www.valeriarandone.it/vaginismo-sintomi-diagnosi-cura/ ), si tratta di donne che non si lavano, che non si toccano, e che usano il cotone idrofilo per evitare di toccare i loro genitali.
Si tratta di una parte integrante dell’educazione dei figli per far sì che diventino adulti responsabili e consapevoli. Non c’è un momento in cui è più giusto iniziare, lo si fa sin da subito, non è nemmeno utile aspettare che siano loro a fare delle domande – il rischio è sempre che il web e il porno si sostituisca a noi – perché si tratta di argomenti così importanti che è fondamentale che trovino uno spazio costante nel dialogo con loro. Quindi, sin da subito, esattamente come si parla di tanto altro.
Partiamo dall’inizio: da chi dovrebbe formare e informare, in attesa che qualche legge renda obbligatoria l’educazione affettiva e sessuale a scuola, come in tutti gli altri paesi europei.
1 – genitore non è un amico ma un punto di riferimento, anche per le curiosità sane che riguardano la vita sessuale.
2 – la sessualità appartiene all’intera vita, dall’età pediatrica a quella senile.
È opportuno che passi il messaggio che la sessualità non è una sfera a una parte della vita – per sessualità mi riferisco al corpo, alla biologia, all’identità di genere e ruolo sociale – ma una parte integrante del benessere bio-psico-sociale. C’è il rischio di un’erotizzazione precoce di tutto, ed è sbagliato! Gli adulti devono vegliare, vigilare, esserci.
3- se un figlio è confuso sul proprio orientamento sessuale o identità di genere va ascoltato, aiutato a capire e non lasciato alla deriva che tanto oggi va bene tutto. Spesso dietro una scelta o non scelta c’è un disagio. Ma nessuno ne parla per paura di essere tacciati per omofobi e appellativi simili che oggi si usano tanto. Se invece c’è un altro tipo di scelta, ma parliamo di scelte consapevoli, il discorso cambia e l’accettazione e il suo orto diventano indispensabili.
4- La sessualità prevede la reciprocità e il rispetto. Sempre.
Articolo a cura di
Benedetta Sangirardi, giornalista
in collaborazione con:
Valeria Randone è psicologa, specialista in sessuologia clinica a Catania e Milano.
IG – @valeriarandone_