Mamma ansiosa uguale figlio inquieto. Ce lo dicono tutti, più o meno: non agitarti, stai tranquilla, perché così agiti il piccolo appena nato, che invece ha bisogno di protezione, amore e sicurezza. Non farti vedere preoccupata, perché può avere ripercussioni sull’andamento scolastico, se il piccolo ormai cresciuto frequenta la scuola elementare. Stesso vale se si tratta di un ragazzino: l’ansia percepita anche in ambiente domestico si ripercuote sull’adolescente che assorbe come una spugna ogni comportamento. Tutto vero, in teoria. In pratica pure, visto che ora lo dicono anche i ricercatori. A suffragare la tesi del legame tra l’ansia dei genitori e il malessere del bambino è arrivato lo studio di Johanna Petzoldt condotto all’università di Dresda, che ha coinvolto oltre 300 donne incinte dalla gravidanza al parto. Una volta diventate madri, le donne sono state ricontattate a intervalli regolari tra i quattro e i sedici mesi. Ebbene, la maggior parte delle ansiose (o delle depresse) avevano trasmesso i loro stati d’animo ai pargoli. Risultato: le madri turbate, afflitte o nervose, si ritrovavano tra le braccia poppanti decisamente più irritabili, piagnoni e inconsolabili dei colleghi cresciuti in famiglie più serene, a contatto con madri (ma anche padri) capaci di controllare meglio le loro emozioni preservando i piccoli da quelle negative.
TUTTI I RISCHI, PARLA L’ESPERTA – Insomma, a mamma stressata corrisponde figlio stressato, in stato d’ansia, irritabile e nervoso. Ecco perché gli esperti, in modo unanime, sono convinti che le paure del genitore possano diventare le paure dei pargoli, l’ angoscia la loro angoscia. Altrettanto vero è che un atteggiamento iperprotettivo può inficiare la serenità e lo sviluppo psicologico dei figli. Niente di più naturale al mondo di una mamma che si preoccupa per il benessere fisico e psicologico del proprio bambino. Ma cosa succede quando queste ansie diventano eccessive? “Da parte di una mamma avere delle paure e delle preoccupazioni è più che naturale – ci spiega Maura Manca, psicologa e e presidente dell’Osservatorio Nazionale Adolescenza – ma ciò che è davvero importante è riuscire a gestirle e non passarle ai propri figli, perché loro apprendono e reagiscono anche in base alle reazioni dei genitori: se l’adulto va in allarme, anche loro si allarmano”. Compito del genitore, perciò, è quello di assumere la funzione di contenitore, senza generare allarmismi inutili, e trasmettendo sicurezza al figlio, soprattutto quando sono piccoli. “L’ansia di un genitore – continua la psicologa – rende anche insicuro il figlio, lo condiziona in termini di espressione di se stessi e nei comportamenti. Tante volte i figli hanno paura di dire e di fare determinate cose per non far venire l’ansia ai genitore. I figli, invece, devono sapere che dall’altra parte hanno una persona sui cui possono sempre contare nel bene e nel male”.
Ma non è solo la forma diretta di ansia a creare problemi. “I figli apprendono anche in maniera indiretta dal genitore, osservandoli e guardandoli, anche le modalità di relazionarsi alla vita, alle persone, alle cose, l’approccio stesso alla vita. Se una mamma è ansiosa rischia in un certo senso di trasmettergli l’ansia e di farlo crescere con le sue paure e preoccupazioni. L’educazione è importante sia per ciò che gli si dice direttamente che per ciò che si fa e per l’esempio che si dà. Per essere credibili si deve essere il più possibile coerenti”.
I DISTURBI, LE CONSEGUENZE – L’ansia, in tempi in cui si corre, si è stressati sembra anche contagiosa. Prima era prerogativa degli adulti, mentre ora si sta diffondendo anche fra gli adolescenti. Per questo motivo Stefania Andreoli, nota psicologa e psicoterapeuta, ha deciso di scrivere tempo fa il manuale Mamma ho l’ansia, per aiutare i genitori a gestire la propria e quella dei figli. L’esperta, infatti, spiega esattamente come i dati confermano che l’ansia venga trasmessa ai propri figli, come se anche i malesseri psicologici seguissero un trend. Qualche anno fa in testa alla classifica c’erano i DCA, disturbi comportamento alimentare, adesso invece si parla di più di ansia e di panico. E le statistiche lo confermano: secondo uno studio del 2014 compiuto dall’Unità Operativa Stella Maris di Pisa, il 30% dei maschi accusa sintomi ansiogeni, insieme al 54% delle ragazze.
CONVIVERE CON L’ANSIA, IL PRIMO PASSO – L’autrice spiega, in modo semplice, che per sconfiggere l’ansia il primo passo è essere in grado di conviverci. Non pensare che provarla sia sbagliato, non vergognarsi e soprattutto non negarla. Quindi è bene fronteggiarla e riconoscerla, perché “l’ansia è l’espressione di ciò che dentro di noi sentiamo come vitale, importante, addirittura necessario, o urgente”. A conferma di ciò, nel suo libro Stefania Andreoli porta una serie di esempi clinici, raccontati con stile molto coinvolgente. E svela alcune verità: le madri dei figli ansiosi si colpevolizzano mentre i padri tendono a minimizzare e a scegliere sempre la via del pragmatismo. Non ci resta che correre ai ripari, dunque, perché, a lungo considerata un problema che riguardava solo gli adulti, negli ultimi anni l’ansia si è diffusa sempre di più fra bambini e adolescenti, con genitori spiazzati nel tentativo di comprendere le ragioni e la reale gravità del malessere dei figli. Quando in realtà, la causa è da ricercare proprio tra le mura domestiche.
Benedetta Sangirardi