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Lotta alla violenza sulle donne: il cambiamento deve partire dai bambini!

25/11/2020

Il 25 novembre di ogni anno si fanno i conti: quanti femminicidi? Quante vittime di violenza? Quante donne maltrattate? Numeri che ogni anno fanno riflettere, e se questi numeri diminuissero grazie ai più piccoli? Vi spieghiamo come

Potevamo iniziare questo articolo dandovi numeri, percentuali, statistiche. Sarebbe stato sicuramente d’effetto. Ma no, non ci interessano i dati. Non ci interessa sapere quante donne sono state uccise o hanno subito violenza quest’anno. Non ci interessa sapere se, rispetto all’anno scorso ce ne sono stati di più o di meno di femminicidi, di chiamate d’emergenza, di donne insultate o picchiate. Non ci interessa perché saperlo non farebbe la differenza. Leggere quei numeri, significherebbe prendere atto di quanto è già accaduto . Confrontare le percentuali significherebbe appurare che, di nuovo, non è stata fatta alcuna differenza perché ancora da fare c’è tanto. Eppure sui social se ne parla, si usano #hashtag virali. Città e comuni organizzano iniziative: manifesti affissi per le vie, inaugurazioni di nuove panchine rosse simbolo della lotta contro la violenza sulle donne, scarpe in piazza.

Eppure, ogni anno eccoci qui, a leggere sui quotidiani e ad ascoltare ai telegiornali, numeri, dati, percentuali. Cosa non funziona? Ce lo siamo chieste da donne in primis, ma anche da mamme, e abbiamo cercato di dare una risposta alla nostra domanda, di capire qual è il fattore scatenate, dov’è l’errore umano che porta, ogni anno, ogni giorno, a riempiere la cronaca di donne uccise o maltrattate.

Lo abbiamo chiesto a chi da anni, accoglie e ascolta le storie di donne, e anche madri, vittime di violenza e ne hanno fatto, anche, percorsi di prevenzione. Alessandra Campani, operatrice del centro antiviolenza di Reggio Emilia “Nondasola” e Elena La Greca, di “La Nara” di Prato, che insieme collaborano con D.i.Re, la più grande rete dei centri antiviolenza di tutta Italia.

Libere di essere: un progetto contro la discriminazione di genere che parte dai bambini e dalle bambine

Non cambierà mai nulla, se il cambiamento non parte dalla radice. E quella radice è il retaggio culturale che, consci oppure no, ci trasciniamo dietro da generazioni. L’uomo che porta a casa i soldi, la donna che si occupa della casa. Fiocco rosa per le bambine, azzurro per i maschietti. Il bimbo che gioca con le macchinine e le bimbe intente a pettinare le bambole. 

Come è possibile legare queste “ovvietà” alla violenza sulle donne? Follia?

“Possono sembrare cose che, all’apparenza, non c’entrano nulla con la lotta alla violenza sulle donne – ci spiegano Elena e Alessandrama in realtà è questa perpetua divisione tra ciò che è da ‘maschio’ da ciò che è da ‘femmina’ che continua a creare dei vuoti, delle lotte di potere, delle discriminazioni che iniziano a riempire fin dalla nascita la testa dei bambini e delle bambine e che poi rimarranno nel loro modo di essere anche in età adulta. Ecco perché noi abbiamo voluto iniziare questo progetto proprio con i bambini e le bambine appartenenti ad una fascia d’età molto bassa, che va dai 4 ai 7 anni: non per parlare con loro di violenza – perché loro lo sanno già che picchiare o schernire un altro è sbagliato – ma cercando di far loro comprendere che la libertà di essere ciò che si vuole essere è il potere più prezioso che potranno mai avere e imparare a gestire questo potere, quindi saper ascoltare i propri desideri è la chiave di volta che li porterà in futuro a comprendere meglio gli altri rispettandoli.

Non a caso il progetto in cui Elena e Alessandra sono formatrici si chiama proprio Libere di essere e la parola chiave, il fil-rouge che lega tutto è proprio ‘potere’.

 

“Cos’è la violenza se non un abuso di potere? Su questo tema la prevaricazione dell’uomo sulla donnaspiega Alessandranoi abbiamo pensato a questo progetto proprio con l’idea di offrire ai bambini e alle bambine un infinito ventaglio di possibilità dove, da un lato c’è l’idea più rigida che si può avere dell’essere maschio e dal lato opposto quella più rigida dell’essere femmina, nel mezzo, ci sono però tutte le sfumature possibili: i bambini e le bambine devono essere sostenuti nel crescere liberi di essere quello che sentono di essere, non trovandosi continuamente di fronte ad un bivio o alla necessità di dover rispondere alle aspettative degli altri, ma con il potere nelle proprio mani di poter scegliere”.

Maschio o femmina, che differenza c’è?

Elena ha un bimbo che adora portare i capelli lunghi e tutto cioè che glitterato. “Un suo amichetto – ci racconta Elena – un giorno che è passato a casa nostra per giocare insieme, mi ha chiesto come mai a lui piacessero tanto le cose da femmina”. Uno stereotipo. Il figlio di Elena sa che non c’è alcuna differenza se a giocare coi glitter è un bimbo o una bimba, anche la sua mamma lo sa eppure e’ proprio lei, che da anni lotta contro gli stereotipi di genere, a raccontarci un altro episodio: “gli si era rotto il temperino, lui ne voleva uno verde e io gli ho risposto che gli avrei preso quello che trovavo. Quando sono arrivata all’edicola ne era rimasto solo uno, rosa. Lo stavo prendendo, ma poi mi sono bloccata: cosa gli avrebbero detto se si presentava a scuola con un temperino rosa? – spiega – ma poi, per fortuna, mi sono ridestata e gliel’ho preso, che problema c’era? Anche lui non ha fatto storie, l ha messo nell’astuccio dicendomi, sereno, che l’indomani qualcuno l’avrebbe sicuramente preso in giro”.

Altro stereotipo. A cui ne seguono milioni e milioni. Ci avete mai fatto caso a come sono strutturate le pubblicità dei giocattoli? Quelli dei bambini sono quasi sempre in un ambiente esterno e in situazioni dinamiche, mentre quelle delle bimbe in un ambiente domestico e in situazioni di tranquillità, spesso dove la bambini già si prende cura di qualcuno o qualcosa.

“Bisogna stare molto attenti anche a non cadere nel tranello dei contro stereotipi – continua Alessandra – ad esempio, se un bambino sceglie di indossare una maglia rosa, è controproducente dire “hai fatto bene, il rosa mica lo devono indossare solo le femmine”. Oppure, al contrario, se una bimba sceglie di giocare con un dinosauro anziché con la bambola, farle notare che può farlo perché anche alle bambini possono piacere i dinosauri. Bisogna chiedersi: quale è l’intento nel dire queste frasi? Quali strumenti sto mettendo nelle mani dei miei figli con quelle affermazioni?

E’ una linea sottile che però fa la differenza. Perché un bambino e una bambina liberi saranno adulti sereni, appagati, che si sapranno ascoltare e che sapranno ascoltare gli altri. Saranno adulti capaci di gestire il proprio potere senza il bisogno di annientare l’altro o l’altra. 

Il progetto: 4 video pillole per raccontare ai bambini che non esistono differenze

Libere di essere è in corso d’opera, un progetto che ha permesso una sperimentazione in 16 regioni d’Italia i cui risultati saranno diffusi a breve, attraverso l’utilizzo di brevi video. I video, di circa un minuto ciascuno, sono dedicati alle diverse declinazioni del potere in termini positivi utili a stimolare confronti e altre attività all’interno delle scuole dell’infanzia e delle prime classi della scuola primaria.  

 

 

 

 

Melissa Ceccon

Responsabile editoriale – Mumadvisor

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