Avete sicuramente sentito parlare nei giorni scorsi di Paola Turani e della pioggia di insulti che la famosa influencer ha ricevuto sui social dopo aver condiviso con il popolo di Instagram le molteplici difficoltà di gestione di Enea, il suo tanto desiderato bambino avuto dopo un difficile percorso di procreazione assistita.
Sorge spontanea una domanda: perché noi mamme non riusciamo ad essere empatiche tra di noi? La famosa modella e influencer bergamasca ha raccontato sulla sua pagina Instagram di quanto sia difficile e faticoso gestire un bambino vivace di 9 mesi che ama raccogliere le cose da terra, che si arrampica ovunque, che non sta fermo un secondo, che vuole salire le scale e poi si cappotta, che poi piange e vuole salire in braccio, per poi stufarsi e ritornare a terra. Dite la verità, quante di voi si rivedono in questo racconto?
Nelle sue stories Paola ha raccontato di come tutto questo la renda esausta, ricevendo in cambio una serie di commenti sgradevoli e poco empatici. Ecco alcuni dei commenti ricevuti dai suoi followers: “Ma pensavi di avere un Tamagotchi?”, “Scopre solo dopo 9 mesi che i figli oltre che a farli bisogna crescerli” “Ma lo sapeva che avrebbe partorito un essere umano e non un bambolotto?”, “Povera, non può godersi le vacanze perché ha un bambino di 9 mesi!”, “Lo hai tanto voluto e ora ti lamenti?”. Lei dal canto suo ha risposto: “Non farei mai cambio con la mia vita di prima ma è legittimo affermare che sia impegnativo. Sui social, a volte, se sei sincera ti massacrano”.
Questo episodio è soltanto uno dei tanti esempi di “Mom shaming”, un termine coniato per identificare tutti quei giudizi, critiche, commenti negativi rivolti alle mamme, in particolar modo a quelle che lo sono diventate da poco. E’ un fenomeno molto più diffuso di quanto si possa pensare, e può essere paragonato a un vero e proprio bullismo tra mamme, un insieme di commenti inappropriati volti a far sentire le madri non altezza della situazione.
Non soltanto nella vita reale, ma anche sui social networks questo fenomeno sembra essersi esteso in modo preoccupante: ogni decisione riguardante l’educazione, l’allattamento, lo svezzamento, la propria forma fisica, la scelta di tornare o meno all’attività lavorativa, viene analizzata e giudicata, con l’intenzione di offendere e di voler trasmettere un senso di inadeguatezza alla mamma in questione.
A tutte sarà capitato almeno una volta di sentirsi dire almeno una di queste affermazioni: perché fai dormire tuo figlio nel lettone? Lo tieni sempre in braccio, poi lo vizi! Perché non cucini invece di dare omogeneizzati pieni di conservanti a tuo figlio? Allatti ancora? Ormai è grande e il tuo latte è acqua! Perché non allatti? Torni già a lavorare? Per essere una vera mamma devi partorire naturalmente e senza epidurale! Insomma, tra le righe, sei una cattiva mamma.
Spesso le donne si sentono in dovere di giudicare altre mamme per retaggio culturale, per insicurezza, per presunzione di sapere ciò che è giusto o sbagliato, oppure per imporre la propria esperienza soggettiva senza considerare l’unicità della persona che si ha davanti, con la sua storia personale, le sue insicurezze e la sua sensibilità. Molte volte dietro ad episodi di mom shaming c’è un’intenzione positiva: si pensi alla cognata o all’amica del cuore che vuole dare consigli sinceri, ma che proietta la propria esperienza personale tralasciando il vissuto di chi ha di fronte. Non è di certo il caso di Paola: gli insulti da lei ricevuti hanno un sapore amaro di invidia e frustrazione.
Se sei tu a voler dare un consiglio ad una mamma perché pensi che stia prendendo una decisione sbagliata o vuoi semplicemente esternarle la tua opinione personale, cerca un modo per offrirle aiuto senza condannarla o giudicarla.
Se sei una mamma oggetto di mom shaming, seleziona le amicizie che ti fanno stare bene, che non ti facciano sentire inadeguata, e allontana quegli ambienti tossici che non ti rendono serena. Sii anche consapevole che ciò che percepisci come critica può essere semplicemente ignoranza o frutto di un retaggio culturale ormai superato.
E se la preoccupazione, l’ansia o il pensiero di non essere una brava mamma prende il sopravvento, ricordati che ognuna di noi sa ciò che è meglio per il proprio figlio, che ogni bambino ha i suoi tempi, e il nostro compito è quello di lasciarli liberi di manifestare la loro individualità senza pressioni e rispettando i loro tempi di crescita.
Siamo esseri umani, e se è vero che la maternità è un dono inestimabile, fonte di gioia e soddisfazioni, è anche vero che diventare madri e accompagnare il proprio figlio durante la sua crescita è un lavoro complesso, faticoso, pieno di insidie e di momenti di sconforto e debolezza. E’ lecito chiedere aiuto e cercare un supporto esterno.
E allora mums, invece di criticare e giudicare le mamme che decidono di aprirsi e condividere i loro momenti di sofferenza e sconforto, cerchiamo di essere empatiche e di provare a comprendere il loro stato d’animo. L’empatia è alla base della nostra capacità di stabilire relazioni profonde, durature e piacevoli: ci rende esseri sempre più umani e felici.
Martina Carzaniga
vive a Milano con il marito e i due figli, Gabriele e Davide. E’ laureata in lingue per la comunicazione e la cooperazione internazionale e dopo aver lavorato per nove anni come project manager in una multinazionale ha deciso di dare una svolta alla sua carriera ed iniziare la propria attività di distribuzione in Italia di ECO BOOM, un brand ecosostenibile e certificato di pannolini e salviettine per bambini di altissima qualità. Scrive regolarmente sul suo blog “Racconti in culla”, e “Come una mongolfiera” è il suo primo romanzo.